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FUORISACCO DALLE DOLOMITI – Anno III n. 46 20 novembre 1969 (B.Z.)

Come facevano i suoi vecchi, in cerca di più ampi orizzonti alla propria esistenza materiale e alla inquietudine dell’ingegno, Rino D’Ambros, valligiano feltrino di vecchio stampo è sceso ai lidi della laguna veneta. La Serenissima esercita ancora il suo fascino sugli artisti dolomitici, che si sentono tutti un po’ discendenti, per rami diretti o indiretti, dal “patriarca” Vecellio: Tiziano, pitor da Cador.
Tizianesca, per immediatezza coloristica, è anche la tavolozza di D’Ambros, ritornato alla sua città natale, Feltre, per questa mostra allestita con la consueta maestria dalla Galleria d’arte moderna “AL Sole”. Vi ha portato la più recente produzione a carattere “cosmico”, in cui i più vivi colori e le luci più accese si fondono in un ritmo curvilineo a suggerire fantasiose evasioni negli spazi astrali.
Niente di figurativo in queste tele di D’Ambros; e niente, diresti, d’astratto. Proprio come noi tutti immaginiamo il cosmo, che è figura e non astrazione e rimane per gli uomini, ancora e sempre, malgrado l’esplorazione tecnica, un fatto di fantasia, cioè un fatto di poesia. Chissa se D’Ambros ricorda, magari nel subcosciente, le mirabili astrazioni poetiche del Paradiso dantesco? Quella fusione perfetta di luci e colori, quell’arcano riecheggiare di note melodiche, quel tono soffuso di nostalgie celesti e terrene che costituiscono l’atmosfera rarefatta e tersa degli ultimi canti della “Divina Commedia” sono rappresentati qui, visivamente, in queste opere del pittore feltrino Rino D’Ambros. Il quale ha già tanta strada artistica per le vie del mondo alle sue spalle. E tanta ancora davanti a quel suo volto di montanaro cotto dal salso della laguna.

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